27 novembre 2007

Inafferrabile

Ho perso un'altra parte di me stesso.
Un altro tassello che torna indietro in questo cammino.
Così com'è arrivato, senza che me ne accorgessi.

Un'altra volta tutto questo rimarrà con me, e con nessun altro.
Non sono una persona come le altre, non lo sono mai stato e non riuscirò mai ad esserlo.

L'amore sostituirà la paura.

Ci sono parole e sensazioni che non torneranno indietro, ti sei voltata e per un attimo, un solo lunghissimo attimo, sei svanita, diafana, un soffio bianco nel freddo.

Vento di marzo,
per quanto ancora queste parole rimarranno con me, accompagneranno i mie passi.
Porteranno con se per sempre momenti che nella memoria assumono colori e forme di caleidoscopio, si compongono in figure sempre diverse, e sempre diversi sono i sentimenti, i ricordi, i volti.

L'amore sostituirà la paura.

Gentile sguardo e una mano tesa nel cappotto scuro, adagiato come un mantello.
I viaggi fuori dal tempo, la strada che si è sempre trasformata in un sogno rarefatto.
Fogli rosa e parole leggere, noi al limitare del mondo, niente sarebbe mai stato più come prima.

Non sarà mai più nulla come prima, ed ancora sento questa inafferrabile diversità, questo drago degli abissi che mi rende così instabile, anche dopo tutti questi anni.
Non è mai stata una questione di gioventù, non è mai stato per l'amore e l'amicizia, non è mai stato perchè eravamo soli noi due in un mondo alieno.

L'amore sostituirà la paura.

Ed è trascordo così tanto tempo, troppo per ricordare ogni singolo dannato momento in cui ho pensato soltanto a te e a quanto tu mi sia mancata.
Adesso rimarrà tutto qui, e ringrazio Dio di essere quello che sono, niente altro avrebbe mai potuto avere per me la stessa importanza se no mi sentissi come inadeguato ed incompleto.

Non ascolterò più la tua voce, troppo indefinibile ciò che sento per soffermarmi adesso. Ma quel ragazzo, in quel novembre 1991, è cambiato per sempre e percorre ancora quella strada fra gli alberi, ascoltando melodie e parole che lo accolgono come se fosse tornato finalmente a casa.

Editors - Il Peso del mondo

Keep a light on those you love,
They will be there when you die,
Baby there's no need to fear,
Baby there's no need to cry.

Every little piece in your life
Will add up to one,
Every little piece in your life
Will it mean something to someone?

You've fused my broken bones,
Back together and then,
Lift the weight of the world
From my shoulders again.

Every little piece in your life
Will add up to one,
Every little piece in your life
It will mean something to someone.
Every little piece in your life
Will add up to one,
Every little piece of your life
Will mean something to someone.

You touch my face,
God whispers in my ear,
There are tears in my eyes.
Love replaces fear.
You touch my face,
God whispers in my ear,
There are tears in my eyes.
Love replaces fear.
Fear.

Every little piece in your life
Will add up to one,
Every little piece in your life
Will mean something to someone.
Every little piece in your life
Will add up to one,
Every little piece of your life
Will mean something to someone.

Tieni una luce accesa su coloro che ami,
Saranno con te quando morirai,
Non c'è nessun bisogno di aver paura,
Non c'è nessun bisogno di piangere.

Ogni piccolo pezzo nella tua vita
si sommerà in un unico,
Ogni piccolo pezzo nella tua vita
significherà qualcosa per qualcuno?

Hai curato le mia ossa rotte,
Torniamo insieme e poi,
Solleva il peso del mondo
Dalle mie spalle ancora una volta.

Ogni piccolo pezzo nella tua vita
si sommerà in un unico,
Ogni piccolo pezzo nella tua vita
significherà qualcosa per qualcuno.
Ogni piccolo pezzo nella tua vita
si sommerà in un unico,
Ogni piccolo pezzo nella tua vita
significherà qualcosa per qualcuno.

Tocchi il mio viso,
Dio sussurra al mio orecchio,
Ci sono lacrime nei mie occhi,
L'amore sostituisce la paura.
Tocchi il mio viso,
Dio sussurra al mio orecchio,
Ci sono lacrime nei mie occhi,
L'amore sostituisce la paura.
La paura.

Ogni piccolo pezzo nella tua vita
si sommerà in un unico,
Ogni piccolo pezzo nella tua vita
significherà qualcosa per qualcuno.
Ogni piccolo pezzo nella tua vita
si sommerà in un unico,
Ogni piccolo pezzo nella tua vita
significherà qualcosa per qualcuno.

15 novembre 2007

Ogni singolo pezzo della vita

Mi ritrovo a pensare spesso a momenti passati, spinto da ciò che mi circonda, da quello che accade intorno a me.
Forzare paragoni, scovare collegamenti, significati.
Forse a volte mi illudo di pensare che ogni singolo pezzo della mia vita sia incatenato ad un infinito circolo, in cui tutto prima o poi torna da dove è venuto.

Mi rivolgo spesso ad un'effimera figura con cui conversare, per non dover necessariamente parlare da solo, un soggetto altro che possa ascoltare, che mi permetta di svolgere il filo dei pensieri e dei ricordi.
Qualcosa che si comporti da sostituto per la persona che non c'è più in questo ruolo, l'unica persona che io conosca e sappia chi io sia.

Ogni singolo pezzo della mia vita è impresso nella mia memoria in maniera indelebile, e spero che ci sia qualcuno per cui abbiano un valore, di qualche genere.
Non c'è alcuna necessità di aver paura, se non quella di perdere coloro che si amano, quando il peso del mondo sulle spalle sembra non lasciare alcuna possibilità. Quando l'unico desiderio possibile è quello di poter guardare qualcuno mentre posa la sua mano sul nostro viso, asciugando il dolore.

Una mattina fredda, il sole e la luce bianca, insostenibile, il vento tagliente, unica presenza nel silenzio. Il soffio gelido di parole che fuggono mentre cammino tornando a casa, senza sapere esattamente dove. Il tempo è cambiato, è cambiato per sempre.

12 novembre 2007

I dubbi e le certezze

Oggi ho lasciato un luogo che frequento da anni, esattamente dal 1999: il newsgroup della Fiorentina. Un luogo in cui nel tempo si sono create delle amicizie telematiche, attorno ad una passione comune per il calcio e per i colori viola.

Oggi però ho lasciato questo luogo, tutto è nato piuttosto improvvisamente, a seguito di alcuni commenti riguardo la morte di un ragazzo ucciso da un agente di polizia. Un poliziotto ha sparato ad altezza uomo, forse senza veramente l'intenzione preterintenzionale di uccidere, ma certamente con grave imperizia e leggerezza, inadatta al ruolo dell'egente.

Non è tanto quello che è accaduto, grave certamente, ma non desueto, quanto il tono dei commenti che ne sono seguiti. La violenza del massimalismo, la pericolosità di quelle che vengono chiamate "angolazioni di vedute".
Non ha nemmeno molta importanza quali siano le posizioni derivanti dalle suddette "angolazioni". Quello che ha importanza è la forza con cui queste posizioni vengono proposte.

Vi sono persone che dimostrano solo certezze, che non hanno dubbio alcuno, semplicemente nella loro "angolazione" non c'è spazio per le domande, per la critica, per la riflessione.
Non metto in dubbio il peso dell'esperienza, anche quella dolorosa, questa è una delle piccole certezze che posso esprimere, ma non posso ammettere la mancanza di discernimento riguardo eventi specifici.

Quello che emerge è la totale mancanza di considerazione verso quella che a mio avviso è l'unica motivazione alla base di qualsiasi azione umana: l'individualità. Quella individualità che reca con se la responsabilità ultima del soggetto per qualsiasi azione esso compia. Quella individualità che rende impossibile slegare un qualsiasi evento da coloro, nello specifico, che vi hanno partecipato.

Ogni uomo ha il dono della scelta, senza scomodare il bene ed il male, concetti aleatori e suscettibili di diverse interpretazioni. Scegliere significa semplicemente agire a seguito di una valutazione delle opzioni disponibili, qualsiasi esse siano. Un dono che ogni uomo ha in dote e che oguno può usare a proprio piacimento anche all'interno di comunità basate su codici, anche questi di qualsiasi natura siano.

Eppure ci sono "angolazioni" per cui la scelta individuale non esiste in pratica, in cui il massimalismo elimina la specificità dell'azione e di coloro che l'hanno compiuta. Tutto ciò assume il tono della certezza granitica, accompagnato da parole violente e roventi.

Il polizziotto ed il ragazzo ucciso hanno un nome ed un cognome, hanno condiviso il tempo e lo spazio in un frangente che si è rivelato di morte in ultima istanza. Un esito che si è realizzato perchè quel nome e cognome in divisa ha scelto di sparare ad altezza uomo.

Ma al massimalismo dell'assenza di dubbi tutto ciò non interessa, come carta copiatrice assegna a questo specifico evento, sapori e sfumature di altri eventi simili nella dinamica, ma probabilmente molto diversi nelle scelte e certamente differenti negli individui.

Forse, un modo di certezze è un mondo più semplice da sopportare, fossero anche terribili e fosche, rimangono comunque appigli a cui aggrapparsi per non scivolare. Ebbene io credo però che rechino con se una pericolosità virulenta, dominatrice, violenta, che urla e mette a tacere le voci che tentano di domandare, di capire, coloro che si interrogano. Provando a uniformare i giudizi, a semplificare e ridurre, portare a fattore comune. Forse ancora non si sopporta la complessità dell'uomo e delle molteplici società che ha generato.

La mia visione, l'"angolazione" come la chiamerebbero, è totalmente diversa, concettualmente all'opposto, in cerca di una risposta a seguito di domande specifiche, provando ad osservare coloro che agiscono inseguendo la motivazione che li hanno spinti alle scelte.

Scelte che rimangono individuali.

07 giugno 2007

Vento di Marzo

Il vento urla mentre mi passa accanto.
Ride della mia condizione, della miseria e dei ricordi.
Impalpabile mi rammenta con un sorriso sardonico di altri venti.
Altre maree.

Non ho animo per rispondere, per evocare immagini sbiadite,
di un tempo lontano, in cui mi riconoscevo,
mentre la vita sfuggiva senza proferire parola.

Vento di Marzo che non ho saputo afferrare,
che mi ha visto recedere, forse soffermandosi,
in una strada vuota, in un sole morente.

Il tempo di Marzo è terminato.
La comunicazione si è persa svanendo.

Non so più chi sono.

24 maggio 2007

Anestesia

Le stagioni delle separazioni sembrano chiamarmi.
Mondi distanti che collidono senza tregua, le ombre si allungano su ciò che rimane.

Ci sono passaggi della vita in cui scorgere ciò che ci attende diventa impossibile, vorrei poter diradare anche solo per un attimo questa foschia che mi avvolge, trovare una guida, o più semplicemente un segno.

La domanda imperante è sempre la stessa: "dove ho sbagliato?". Perchè sono quasi certo di aver sbagliato, altrimenti non ci sarebbe spazio per i dubbi. Alneno questo è quello che mi vado ripetendo.

Forse, più semplicemente, la mia indole mi spinge a pormi sempre le stesse questioni, i miei meccanismi mentali sono abituati a cercare sempre le stesse cose, sotto forma di colpa, una qualsiasi.

Dovrei probabilmente cominciare a pensare che non esista un errore definibile, un evento facilmente individuabile nella mia vita, che sia stato la causa. Forse sono io e basta, la somma di tutti i miei modi di essere, le mie parole, i miei pensieri, le mie idee.
A questo non ci sarebbe via di fuga.

Eppure più che la perdita, a spaventarmi sarebbe l'insensibilità, il tempo che passa come anestetico su tutto. Perchè mi sto scoprendo cinico, un individuo capace di abituarsi più o meno a tutto, ma non certo per la forza di spirito, per valori morali di un qualche tipo.

La vita scorre e mi lascio trasportare, adagiato in solitudine nel mio egocentrismo, impermeabile a quasi tutto. E le persone che mi accompagnano diventano distanti, presenze verso le quali il dispiacere della perdita, dura lo spazio di qualche giorno, qualche sussulto della memoria.

A volte, sempre più spesso, penso di aver esaurito la mia quota di vitalità, spazzata via con l'avvento dell'età matura. Mi guardo intorno e scorgo una quantità abnorme di compromessi, cui dietro si cela una qualche bugia o più semplicemente la sospensione del giudizio.

Percepisco un'unica fonte di dolore ancora viva: l'amarezza che provo per essere causa dell'allontanamento forzato dei miei genitori e di mio fratello.
Per un meccanismo assurdo mi ritrovo a sperare che non si estingua, perchè rimane una delle poche esperienze che mi facciano sentire in qualche modo vivo.

Forse è giunto il momento di cominicare a pensare di accettare ciò che sono diventato, smettendola di rimanere attaccato ad un me stesso che non esiste più e che sento essere stato molto migliore, soprattutto molto più sincero con la vita.

26 aprile 2007

Scelte

Osservare lo sguardo e la delusione.

Guardare indietro e smettere di porsi domande, di cercare.

Le scelte ci portano su sentieri che spesso non sappiamo dove conducono, ma non ne possiamo fare a meno, nonostante le persone si allontanino, senza tornare.

Ci sono volte in cui parlo, sapendo perfettamente di mentire, solo allo scopo di evitare alle persone di non dover trovare soluzioni impossibili.

Sono così stanco, così lontano, così attento. Senza tregua.

Non voglio niente in cambio, nemmeno ombre o ricordi.
Ci sono cose in me che non moriranno mai, nonostante siano ormai nascoste da lungo tempo, e forse non rivedranno mai l'eco della vita com'è per come la vivo adesso.

Le decisioni si portano fino in fondo, fino al drago oceanico.
Forse verranno fatte a pezzi, forse non sopravviveranno al suo giudizio.
Forse ancora non ho compreso la sua presenza ostile, protettrice.
Avida della profondità mentre si agita lentamente.

Adesso sono realmente in solitudine.

Mi trovo così a mio agio, senza sapere perchè.

09 aprile 2007

Il mostro

Troppa informazione, nessuna informazione.

Troppo di tutto, parole e pensieri che fluiscono senza tregua ogni giorno. Ci ritroviamo a parlare di tutto, di qualsiasi cosa, di nulla. E non ci facciamo mancare niente, neppure la filosofia spicciola, corredata di parole difficili, che forse mai nella nostra vita abbiamo usato prima.

Non ci fermiamo davanti a niente, come se tutto fosse sdoganato, come se volessimo affermare la nostra piena emancipazione dal mondo buio della superstizione, del popolino bove.

Eppure ognuno di noi sa perfettamente che alcuni segreti sono inconfessabili, alcune idee sono impronunciabili, anche nel caso la nostra vita fosse costellata di scandali, di apparenti dichiarazioni libertine, libertarie, liberatorie.

Non credo ad una parola di tutto questo. Non credo all’uomo per come si mostra, razionale, tecnologico, avanzato, evoluto. Non credo a niente di tutto questo, perché io che ci vivo qui, so perfettamente che tutto questo è solo il risultato di semplici leggi fisiche, di una capacità effettiva di produrre manufatti di alto livello, ma niente di più.

Probabilmente non ci rifugiamo più apertamente dietro l’iconografia religiosa, ma non siamo molto diversi da quello che siamo sempre stati. Forse siamo peggiorati, perché ci spalleggiamo dandoci di gomito riguardo l’importanza del non cadere nel timore dell’irrazionale. Senza renderci conto che è proprio questo darci corda l’un l’altro, la più evidente e tangibile prova della paura proprio della perdita di ragione.

L’irrazionale e la superstizione vivono in noi, è parte tangibile dell’essere umano, a cui abbiamo dato nei millenni diverse interpretazioni e diverse “cure”, senza mai in realtà arrivare ad una soddisfacente soluzione. E forse ci siamo stancati, cercando semplicemente di far finta di nulla. Anche se credo che questo atteggiamento sia quello più idiota possibile.

Aver paura di se stessi, e fare in modo che questa paura in qualche modo non esista è davvero stupido, ma non tanto perché la “civiltà” umana dovrebbe cercare di elevarsi ad un nuovo stadio di consapevolezza, un altro livello della coscienza, più alto, etico. No, è stupido semplicemente perché totalmente illogico ai fini della sopravvivenza della specie.

Abbiamo completamente smesso di guardare alla natura, l’unica compagna di vita che possa davvero insegnarci qualcosa, l’unica manifestazione di Dio, chiunque egli sia, che non viene corrotta dal passare del tempo. La natura ci insegna qualcosa che non può essere semplicemente bollato come “animalità”, semmai questo termine possa esistere. Ci insegna che la paura è il motore principale della sopravvivenza, l’istinto irrinunciabile a cui far riferimento se vogliamo mantenere la nostra presenza in questo universo.

Far finta che alcune paure non esistano è totalmente illogico… la logica, la madre della razionalità. Siamo così stupidi: rifiutiamo l’irrazionalità perché ne abbiamo paura, ma non lo ammettiamo, la vestiamo di qualunque cosa pur di professarci civilizzati, e non capiamo che questo è il modo migliore di perdere molta dell’umanità che ci ha permesso di arrivare fino a qui.

Dobbiamo avere paura di noi stessi, del mostro che è in noi, in ognuno di noi. Perché il coraggio, da che uomo è uomo, nasce solo e soltanto dalla paura, ed il coraggio nell’affrontare noi stessi, forse il peggior nemico che abbiamo, può sgorgare solo dalla paura del nostro lato irrazionale.

Sempre di più penso che la devastante orda di persone all’apparenza normali che improvvisamente uccidono se stessi e gli altri, dando fondo ad un serbatoio di odio e violenza inauditi, siano soprattutto individui che si sono lasciati condizionare dal rifiuto della propria anima nera, quella inconfessabile, che prima o poi tornare sempre a chiudere i conti.

Se non siamo preparati al coraggio che ci vuole, non ce la faremo. Forse è giunta davvero l’ora di smetterla con questo parlare che invade ogni attimo della nostra vita, come se fosse una confortevole risposta alla nostra paura di rimanere soli, ed imparare a contemplare la solitudine e l’attesa.

In compagnia di quel timore sordo che proviene da noi stessi.

01 febbraio 2007

Arcana

Notte fonda.
Dormire.
Niente è come appare, inseguendo chimere.
Ed il mondo fugge in tacita osservanza.
Non ho occhi per te, non ho voce.
Arcana la vite sfugge.