24 marzo 2009

Frammenti

Ci sono piccole cose nella vita che segnano passaggi difficili da interpretare. Piccole cose come scambiare due battute con una cugina a cui si è affezionati, ma che si vede e si sente raramente per via della distanza.

Eppure poche frasi sul muro virtuale di un social network telematico possono davvero fare la differenza, magari non per tutte due le persone, ma sicuramente per me.

Lei ha 25 anni, un’età ancora splendida, in cui le promesse sono semplicemente polvere di stelle, ed il futuro un tempo dilatato, quasi infinito. Eppure, ed io dovrei saperlo veramente molto bene, intravedo nelle sue poche parole ombre e inquietudini che con 11 anni di più mi sembrano così effimere, se non del tutto incomprensibili.

Ma in realtà mi sto semplicemente illudendo, perché mi basterebbe aprire una qualsiasi delle mie pagine, o riavere per un attimo fra le mani una delle molte lettere che ho scritto negli anni, per rendermi conto che niente di quell’instabilità dell’anima può anche solo somigliare all’effimero.

La mia è un’età davvero strana. Sono come sospeso: non sono giovane, non più, non adesso, ma non sono nemmeno un adulto nel vero senso della parola. Nemmeno con un figlio di 9 anni. Siamo una generazione che non ha ancora capito come collocarsi nel tempo che scorre, abbastanza disorientata. O almeno è così che mi sento io.

A mia cugina ho detto che non è affatto importante che cosa farà, che non fa la differenza scegliere che cosa fare, dove andare, la vera differenza la fa vivere. Intendo dire vivere nel presente, assaporare ogni istante.
Niente cazzate come l’attimo fuggente o vivere come se fosse l’ultimo giorno. No, niente di tutto questo stupidame da film.

Semplicemente percepire il presente, sentire l’ora e adesso. Perché l’altro, l’oltre riescono solo a svuotare qualsiasi nostra esperienza, sempre e comunque rivolti al domani, sempre ingordi e incapaci di riempire i nostri vuoti. Per poi scoprire che quando il tempo manca per davvero, e prima o poi manca, banalmente perché un giorno sarà necessario sopravvivere senza aiuti, non abbiamo niente in dote su cui contare.

Aver vissuto aiuta a vivere, soprattutto nei tempi difficili, nei luoghi spogli, negli orizzonti claustrofobici senza prospettive.

Le ho detto tutto questo perché per mia fortuna, in alcuni fondamentali passaggi della mia vita, ho vissuto il presente, ed oggi senza questa consapevolezza forse sarebbe veramente dura, molto di più di quanto non sia in certi momenti.

I ricordi possono essere un peso devastante, se questi ci risultano falsi, distorti, sbiaditi e stravolti dal tempo che si è sedimentato. E tutto questo non c’entra davvero niente con la nostalgia, che non è niente altro che un effetto collaterale, a cui non c’è cura, ma passeggero, lieve.

Non è molto importante che il ricordo sia didascalico, anzi forse è meglio proprio che non lo sia. Ma è fondamentale che ci racconti la verità. Ed è forse per questo che scrivo, che ho sempre scritto, in passato addirittura senza date, proprio perché non aveva alcuna importanza in quale punto della mia vita qualcosa fosse accaduto.
Oggi, ma sicuramente anche domani e dopo, mi ritrovo periodicamente a rileggere quei passaggi, e soprattutto dopo un certo numero di anni è qualcosa che mi permette di afferrare meglio alcuni miei stati dell’anima.

Leggere qualcosa scritto da un ragazzo di 16 anni, dopo 20 anni, è come se mi permettesse di avere gratis il punto di vista di qualcuno che non sono propriamente io, anche se molto simile. Non c’è alcun prezzo per tutto questo. Mi ritengo fortunato per essere sempre riuscito, nello scrivere, a carpire quel senso di indescrivibile che si ritrova nelle cose, negli sguardi, nelle parole, negli attimi fra due persone, nei luoghi che passano veloci lungo la strada.

Ed è solo questo senso di indefinito che riesce a trapassare il tempo e trasmettere la consapevolezza che quelle cose sono state vissute davvero. Nel presente. E sono ancora lì, incredibilmente, dopo tutto quel tempo. Fanno parte di te e ti permettono di guardare al vivere del momento con molteplici occhi, senza avere la sgradevole sensazione di essere soli.

Io non mi basto, anche se spesso dico il contrario, e non mi basta nemmeno questo mondo, e mille altri in cui vivo, e non mi basta la frontiera. Ma tutto questo è sopportato perché mille altri mondi ho visto e vissuto, e lo posso percepire.

Non so come potrei sentirmi adesso se non avessi tutto questo. Quanto potrei arrendermi ai desideri. Fantasticare della vita. Osare la sfida. Recedere per sopravvivere. Entusiasmarmi per il sogno ardente. Affrontare il drago oceanico.

21 marzo 2009

Frontiera

Non esiste la prova certa, ma sono convinto che qualcosa stia cambiando.
Lo sento nell’aria, ma sono certo che non sia niente che assomigli nemmeno lontanamente a quello che in questo periodo storico è il cambiamento in atto.

No, la crisi, anzi la Crisi, non c’entra davvero niente. Ciò che sta cambiando è altrove, e sfugge anche alla mia comprensione . 
A volte mi domando anche se posso in qualche modo pensare di afferrarne il significato, ma credo che sia solo una mia illusione.

Illusione, un’altra parola che nel mio immaginario porta con se un fascino potente, irrinunciabile. Non ho mai capito perché abbia per la maggior parte delle persone un’accezione negativa, come qualcosa da cui fuggire, qualcosa di pericoloso.
L’illusione è pericolosa solo se ci rende schiavi, oppure se la ricerchiamo per trovarvi rifugio. In genere rifugio da noi stessi.
L’illusione è una fonte primitiva a cui non riesco a rinunciare, perché si accompagna di visioni, di desideri, di passioni. Perché la sua essenza effimera mi rende instabile, e solo in questo modo sento di ritrovare la mia vera natura.

L’illusione è il viaggio, è la forza motrice del mio incedere, nei passaggi più difficili, fra i varchi più nascosti. E sinceramente non mi interessa nemmeno molto che le mie illusioni siano in qualche modo reali o se semplicemente svaniranno senza lasciare alcuna traccia.

Ho sempre pensato che la cosa veramente importante sia vivere le illusioni. Viverle fino in fondo. Non riesco a trovare altro modo per riuscire ad andare oltre le invisibili barriere del reale, dello stanco e incerto reale.

Il reale, un’altra prigione fatta per la schiavitù di chi vi si rifugia, anche in questo caso per fuggire da qualcosa. Senza comprendere che nemmeno in questo modo si riesce veramente a fuggire. Perché fuggire è un’arte antica, raffinata, senza compromessi e che necessita per chi la pratica una grandissima dedizione, senza incertezze.

Fuggire non è qualcosa che si inventa, si improvvisa, fuggire vuol dire avere una ragione alle spalle degna di questo nome, una sfida da cui è necessario recedere, per la propria stessa sopravvivenza. La volontà di cercare un luogo altro, dove perseguire ancora il proprio disegno.

Il reale. L’illusione. La fuga.

E la sfida. Il viaggio infinito per arrivare sempre alla frontiera, l’unica meta per cui valga veramente la pena vivere. Ed una volta raggiunta la frontiera, oltrepassarla, osservando ed apprendendo, mutazione aliena.

Il prossimo passo.

E quello dopo.

10 marzo 2009

Ancora Marzo

Marzo.

Il vento, i pomeriggi assolati, le promesse del tempo che verrà.

Ancora Marzo.

Percorro sentieri osservando traiettorie ed arabeschi all’orizzonte.
Voltarsi e scorgere la tua presenza.
Indugiare al limitare del mondo.

Ancora vento di Marzo.

Tutto cambia nel breve volgere di parole solo immaginate.
Il volo delicato dell’estasi.

Bagliori di una melodia.