12 dicembre 2006

Allontanarsi

Qualcosa di me si ripete uguale a se stesso da anni, senza subire alcun mutamento, qualcosa che comincio a considerare eterno, nonostante sappia che di eterno, per l'uomo, non c'è nulla.

La mia indole a scrivere solo quando ascolto musica.
Ed inevitabilmente ciò che scrivo, ciò che traspare, che emerge, rivela lo stato d'animo che quella melodia mi infonde.
Forse ogni volta che scrivo, come in questo blog rarefatto, dovrei anche riportare il nominativo della canzone che in quel momento sta passando. Nell'era digitale esistono anche strumenti dedicati che con un semplice click del mouse permettono di farlo.

Ma non lo farò. Almeno non questa volta, forse per il pudore un po' intimista che mi lega a certi artisti, a certi loro pezzi, alle parole.

Qualche giorno fa ho riletto gli scarni post che ho scritto qui. Decisamente i due sulla politica sono stati un errore. Forse pure andare a votare è stato un errore, è stato come se fosse per un attimo un'altra persona a scrivere tutto ciò. Quella pubblica.

Eppure io non sono quello pubblico, non lo sono mai stato, nonostante sia ciò che si vede meglio di me. Leggere quelle parole che trasudano modernità ed attualità mi ha come lasciato un sapore sgradevole in bocca. Un frutto aspro e prontamente rigettato, che non mi appartiene.

Mi sono accorto che molte altre cose non mi appartengono, cose che posseggo, che sciorino tutti i giorni, che mostro alle persone. Di cui in fondo poco mi importa.
Mi sono guardato allo specchio, uno specchio virtuale, dalle proprietà strane, capace di vedere al contrario, da fuori verso l'interno cercando di vedere ciò che gli altri vedono.

Ho visto un altro.
Qualcuno che non conosco, o almeno che non ho riconosciuto subito.
Una persona neutra, senza picchi di sorta nonostante i pregi ed i difetti.
Una persona distante, disinteressata, poco attraente. Anche ai miei occhi.

Un meccanismo interno si è attivato non so quando, non so nemmeno perchè, e ha generato un progressivo allontanamento fra l'involucro ed il contenuto.
Ho aperto una porta e sono uscito, senza ancora fare ritorno.
A volte è come se scrivessi a casa, messaggi che impiegano giorni interi per essere recapitati, compresi, comunicati agli altri. Senza troppa convinzione, come se provenissero da qualcuno che si è perso di vista e di cui non si sente la mancanza.

Allontanarsi è cosi semplice. Il tempo di aprire una porta e fare un passo fuori.
Tanto è un giretto, quelle passeggiate in cui non sai esattamente dove stai andando, ma che ti servono solo per lasciar scorrere l'anima sulla scia dei pensieri, senza guardare veramente ciò che ci circonda.
Così semplice che senza saperlo percorriamo leghe intere, giornate di cammino senza sosta e tregua.
E ci scopriamo lontani, senza che questo ci infastidisca, ci faccia temere per i cari in apprensione, le nostre cose he abbiamo lasciato a casa.

Ma nessuno ti sta cercando.
Tu in fondo è come se fossi ancora a casa, come se avessi mandato un clone, un proxy come si dice dalle mie parti...

Mi sono allontanato, ascoltando le mie musiche, rievocando sogni e desideri, ripercorrendo i ricordi, guardando avanti ad un tempo che arriva.

Navigazione a vista, acque  e terre sconosciute.
Venti e maree.

Dolore che esplode, gli occhi bruciano, l'orizzonte che sprofonda nel freddo.
Senza tornare.